giovedì 23 giugno 2016

Preghiera che Sant'Alfonso ha inserito nelle sue meditazioni sull'inferno


Nel suo libro 'Del gran mezzo della preghiera' Sant'Alfonso scrive: "Chi prega si salva, chi non prega si danna". Chi non prega, anche senza che il demonio lo spinga... all'inferno ci va con i propri piedi!
È consigliabile la seguente preghiera che Sant'Alfonso ha inserito nelle sue meditazioni sull'inferno:
"O mio Signore, ecco ai tuoi piedi chi ha tenuto in poco conto la tua grazia e i tuoi castighi. Povero me se tu, Gesù mio, non avessi pietà di me! Da quanti anni mi troverei in quella voragine ardente, dove già bruciano tante persone come me! O mio Redentore, come non bruciare di amore pensando a questo? Come potrò, in avvenire, offenderti di nuovo? Non sia mai, Gesù mio, piuttosto fammi morire. Già che hai iniziato, compi in me la tua opera. Fa' che il tempo che mi dai io lo spenda tutto per te. Quanto vorrebbero i dannati poter avere un giorno o anche solo un'ora del tempo che a me concedi! E io che ne farò? Continuerò a spenderlo in cose che ti disgustano? No, Gesù mio, non permetterlo per i meriti di quel Sangue che finora mi ha impedito di finire all'inferno. E Tu, Regina e Madre mia, Maria, prega Gesù per me e ottienimi il dono della perseveranza. Amen."

venerdì 17 giugno 2016

Video testimonianza Vicka: visita inferno, purgatorio e paradiso




  • Testimonianza di Vicka che descrive quando la Madonna accompagnò lei e Jacov a visitare inferno, purgatorio e paradiso. Tratto dalla puntata di "Sulla Via Di Damasco" del 24 giugno 2006, il giorno del venticinquesimo anniversario delle apparizioni di Medjugorje.

Visione inferno Beata Anna Caterina Emmerick

Beata Anna Caterina Emmerick


Emmerick Anna Caterina nacque 1'8 settembre 1774 a Flamske bei Coestfeld (Westfalia) entrò nel Monastero di Agnetenberg in Duelmen (Westfalia) delle Canonichesse Regolari di S. Agostino. Morì a Duelmen il 9 novembre 1824.

La B. Emmerick tra i tanti doni ricevuti, è famosa soprattutto per le stimmate e le visioni avute. Ella ebbe una visione dell'inferno quando vide scendere il Salvatore negli inferi. "Vidi (...) il Salvatore avvicinarsi, severo, al centro dell'abisso. L'inferno mi apparve come un immenso antro tenebroso, illuminato appena da una scialba luce quasi metallica. Sulla sua entrata risaltavano enormi porte nere, con serrature e catenacci incandescenti. Urla di orrore si elevavano senza posa da quella voragine paurosa di cui, a un tratto, si sprofondarono le porte. Così potei vedere un orrido mondo di desolazione e di tenebre. L'inferno è un carcere di eterna ira, dove si dibattono esseri discordi e disperati. Mentre nel cielo si gode la gioia e si adora l'Altissimo dentro giardini ricchi di bellissimi fiori e di frutta squisite che comunicano la vita, all'inferno invece si sprofondano cavernose prigioni, si estendono orrendi deserti e si scorgono smisurati laghi rigurgitanti di mostri paurosi, orribili. Là dentro ferve l'eterna e terribile discordia dei dannati.

Nel cielo invece regna l'unione dei Santi eternamente beati. L'inferno, al contrario, rinserra quanto il mondo produce di corruzione e di errore; là imperversa il dolore e si soffrono quindi supplizi in una indefinita varietà di manifestazioni e di pene. Ogni dannato ha sempre presente questo pensiero: che i tormenti, ch'egli soffre, sono il frutto naturale e giusto dei suoi misfatti. Quanto si sente e si vede di orribile all'inferno è l'essenza, la forma interiore del peccato scoperto. Di quel serpe velenoso, che divora quanti lo fomentarono in seno durante la prova mortale. Tutto questo si può comprendere quando si vede, ma riesce inesprimibile a parole.

Quando gli Angeli, che scortavano Gesù, avevano abbattuto le porte infernali, si era sollevato come un subbisso d'imprecazioni, d'ingiurie, di urla e di lamenti. Alcuni Angeli avevano cacciato altrove sterminate torme di demoni, i quali avevano poi dovuto riconoscere e adorare il Redentore.

Questo era stato il loro maggior supplizio. Molti di essi venivano quindi imprigionati dentro una sfera, che risultava di tanti settori concentrici.

Al centro dell'inferno si sprofondava un abisso tenebroso, dov'era precipitato Lucifero in catene, il quale stava immerso tra cupi vapori. Tutto ciò era avvenuto secondo determinati arcani divini.

Seppi che Lucifero dovrà essere scatenato per qualche tempo: cinquanta o sessant'anni prima dell'anno 2000 di Cristo, se non erro. Alcuni demoni invece devono essere sciolti prima di quell'epoca per castigare e sterminare i mondani. Alcuni di essi furono scatenati ai nostri giorni; altri lo saranno presto. Mentre tratto questo argomento, le scene infernali le vedo così orripilanti dinanzi ai miei occhi, che la loro vista potrebbe perfino farmi morire" Per Emmerick dunque:

a) L'inferno è un immenso antro tenebroso, illuminato appena da una scialba luce quasi metallica. All'entrata ci sono enormi porte nere con serrature e catenacci incandescenti.

All'inferno si sprofondano cavernose prigioni, si estendono orrendi deserti, laghi smisurati rigurgitanti di mostri paurosi, orribili.

b) I demoni sono imprigionati dentro una sfera, che risulta di tanti settori concentrici. Al centro dell'inferno si sprofonda un abisso tenebroso, dov'è precipitato Lucifero in catene, e dove sta immerso tra cupi vapori.

c) L'inferno è un carcere di eterna ira dove si soffrono supplizi in una indefinita varietà di manifestazioni e di pene. E perciò urla di orrore si elevano senza posa da quella voragine paurosa. In questo mondo di desolazione e di tenebre, si dibattono esseri discordi e disperati. Questi hanno sempre presente il pensiero che i tormenti sofferti sono il frutto naturale e giusto dei loro misfatti.

d) Quanto si sente e si vede di orribile nell'inferno è l'essenza, la forma interiore del peccato rivelato appieno in tutta la sua spaventosa virulenza.

e) L'inferno è l'opposto del cielo: il cielo è come un giardino bellissimo di fiori e di frutti squisiti che comunicano la vita. La vita eterna è come alimentata da un cibo ... Siamo di fronte all'albero della vita, come lo era già nell'Eden? La visione di Emmerick presenta tratti teologici molto originali: ne rileveremo qualcuno più in là.

Video testimonianza esperienza vissuta da Gloria Polo

Sono stata alle porte del cielo e dell'inferno


  • Testimonianza della Dott.ssa Gloria Polo su esperienza di vita vissuta
  • ripresa presso Cittella Ecumenica di Taddeide - Rignano Flaminio (RM)


Video convegno sull'Inferno. La dottrina e le testimonianze di alcuni santi del XX secolo



  • Relatore: Rev. Arthur Calkins
  • Tema: l'inferno nel Magistero dei santi del XX secolo

Visione inferno Santa Veronica Giuliani

Santa Veronica Giuliani


Nacque il 27 dicembre 1660. Entrò nel monastero delle Clarisse Cappuccine di Città di Castello. Morì il 9 luglio 1727.

Una visione dell'inferno, avuta nel 1696, è così raccontata da Santa Veronica: "Parvemi che il Signore mi facesse vedere un luogo oscurissimo; ma dava incendio come fosse stata una gran fornace. Erano fiamme e fuoco, ma non si vedeva luce; sentivo stridi e rumori, ma non si vedeva niente; usciva un puzzore e fumo orrendo, ma non vi è, in questa vita, cosa da poter paragonare.

In questo punto, Iddio mi dà una comunicazione sopra l'ingratitudine delle creature, e quanto gli dispiaccia questo peccato. E qui mi si dimostrò tutto appassionato, flagellato, coronato di spine, con viva, pesante croce in spalla. Così mi disse: Mira e guarda bene questo luogo che non avrà mai fine. Vi sta, per tormento, la mia giustizia ed il rigoroso mio sdegno".

In questo mentre, mi pare di sentire un gran rumore. Comparvero tanti demoni: tutti, con catene, tenevano bestie legate di diverse specie. Le dette bestie, in un subito, divennero creature (uomini), ma tanto spaventevoli e brutte, che mi davano più terrore che non erano gli stessi demoni. Io stavo tutta tremante, e mi volevo accostare dove stava il Signore. Ma, con tuttoché vi fosse poco spazio, non potei mai avvicinarmi più. Il Signore grondava sangue, e sotto quel grave peso stava. O Dio! Io avrei voluto raccogliere il Sangue, e pigliare quella Croce, e con grand'ansia desideravo il significato di tutto.

In un istante, quelle creature divennero, di nuovo, in figura di bestie, e poi, tutte furono precipitate in quel luogo oscurissimo, e maledicevano Iddio e i Santi. Qui mi si aggiunge un rapimento, e parvemi che il Signore mi facesse capire, che quel luogo era l'inferno, e quelle anime erano morte, e, per il peccato, erano divenute come bestie, e che, fra esse, vi erano anco dei Religiosi. (...) "Parevami di essere trasportata in un luogo deserto, oscuro e solitario, ove non sentivo altro che urli, stridi, fischi di serpenti, rumori di catene, di ruote, di ferri, botti così grandi, che, ad ogni colpo, pensavo sprofondasse tutto il mondo. Ed io non aveva sussidi ove rivolgermi; non potevo parlare; non potevo invitare il Signore.

Parevami che fosse luogo di castigo e di sdegno di Dio verso di me, per le tante offese fatte a S. Divina Maestà. Ed avevo avanti di me tutti i miei peccati. (...)

Sentivo un incendio di fuoco, ma non vedevo fiamme; altro che colpi sopra di me; ma non vedevo nessuno. In un subito, sentivo come una fiamma di fuoco che si avvicinava a me, e sentivo percuotermi; ma niente vedevo. Oh! Che pena! Che tormento! Descriverlo non posso; ed anco il sol ricordarmi di ciò, mi fa tremare. Alla fine, fra tante tenebre, parvemi di vedere un piccolo lume come per aria. A poco a poco, si dilatò tanto. Parevami che mi sollevasse da tali pene; ma non vedevo altro (...)".

Un'altra visione dell'inferno è del 17 gennaio 1716. La Santa racconta che in detto giorno fu trasportata da alcuni angeli nell'inferno: "In un batter d'occhio mi ritrovai in una regione bassa, nera e fetida, piena di muggiti di tori, di urli di leoni, di fischi di serpenti ... Una grande montagna si alzava a picco davanti a me ed era tutta coperta di aspidi e basilischi legati assieme... La montagna viva era un clamore di maledizioni orribili. Essa era l'inferno superiore, cioè l'inferno benigno. Infatti la montagna si spalancò e nei suoi fianchi aperti vidi una moltitudine di anime e demoni intrecciati con catene di fuoco. I demoni, estremamente furiosi, molestavano le anime le quali urlavano disperate. A questa montagna seguivano altre montagne più orride, le cui viscere erano teatro di atroci e indescrivibili supplizi.

Nel fondo dell'abisso vidi un trono mostruoso, fatto di demoni terrificanti. Al centro una sedia formata dai capi dell'abisso. Satana ci sedeva sopra nel suo indescrivibile orrore e da lì osservava tutti i dannati. Gli angeli mi spiegarono che la visione di satana forma il tormento dell'inferno, come la visione di Dio forma la delizia del Paradiso. Nel frattempo notai che il muto cuscino della sedia erano Giuda ed altre anime disperate come lui. Chiesi agli angeli di chi fossero quelle anime ed ebbi questa terribile risposta: Essi furono dignitari della Chiesa e prelati religiosi.

Ed in quell'abisso, ella vide precipitare una pioggia di anime... ". Ed ecco come presenta le visioni della Santa il già citato Cioni: "Come Dante, anche la nostra Santa, appena su la soglia, ode urli, voci lamentevoli, bestemmie e maledizioni contro Dio. Vede mostri, serpenti, fiamme smisurate. è menata per tutto l'inferno. Precipitano giù, con la furia di densa grandine, le anime dei nuovi abitatori. 'E a quest'arrivo, si rinnovano pene sopra pene ai dannati'. In un luogo ancora più profondo trova ammucchiate migliaia di anime (son quelle degli assassini), sopra le quali incombe un torchio con una immensa ruota. La ruota gira e fa tremare tutto l'inferno. All'improvviso il torchio piomba su le anime, le riduce quasi a una sola; cosicché ciascuna partecipa alla pena dell'altra. Poi ritornano come prima. Ci sono parecchie anime con un libro in mano. I demoni le battono con verghe di fuoco nella bocca, con mazze di ferro sul capo, e con spuntoni acuti trapassano loro le orecchie. Sono le anime di quei religiosi bastardi, che adattarono la regola a uso e consumo proprio. Altre anime sono rinchiuse in sacchetti e infilzate dai diavoli nella bocca d'un orrendo dragone che in eterno le digruma. Sono le anime degli avari. Altre gorgogliano tuffate in un lago d'immondizie. Di tratto in tratto sgusciano fulmini. Le anime restano incenerite, ma dopo riacquistano lo stato primiero.

`I peccati che hanno commesso sono i più gravi che mai vivente può immaginare'. Tutte le strade dell'inferno appaiono sparse di rasoi, di coltelli, di mannaie taglienti. E mostri, dovunque mostri. E una voce che grida: Sarà sempre così. Sempre, sempre, sempre. Veronica è condotta alla presenza di Lucifero. Egli ha d'intorno le anime più graziate dal cielo, che nulla fecero per Iddio, per la sua gloria; e tiene sotto i piedi, a guisa di cuscino, e pesta continuamente le anime di quelli che mancarono ai loro voti. 'Via l'intrusa che ci accresce i tormenti!', urla furibondo ai suoi ministri. Levata dall'inferno, Veronica ripete esterrefatta: O giustizia di Dio, quanto sei potente!".

Ed ecco adesso in breve quanto di più notevole si ritrova nelle visioni di Santa Veronica:

a) L'inferno è luogo oscurissimo ma dà incendio come fosse una gran fornace. In tutte le altre visioni il paesaggio, per così dire, è sostanzialmente sempre quello, anche se cambiano alcuni dettagli. Anche quando si ritrova in un luogo deserto, oscuro e solitario essa non sente altro che urli, stridi, fischi di serpenti, rumori di catene, di ruote, di ferri, botti così grandi che, ad ogni colpo sembrava sprofondasse tutto il mondo.

Come quando si ritrova "in una regione bassa, nera e fetida, piena di muggiti di tori, di urli di leoni, di fischi di serpenti... Una grande montagna si alzava a picco davanti a me ed era tutta coperta di aspidi e basilischi legati assieme... La montagna viva era un clamore di maledizioni orribili". Si tratta sempre di inferno come le dice Gesù: "Mira e guarda bene questo luogo che non avrà mai fine. 1T sta, per tormento, la mia giustizia ed il rigoroso mio sdegno ". Tormento per i dannati è appunto la giustizia di Dio ed il rigoroso suo sdegno.

b) I dannati sono coloro che hanno rifiutato Dio e la sua legge, e hanno scelto di servire il proprio io. I demoni li tengono come bestie legate di diversa specie. Bestie che, in un subito, divengono agli occhi della Santa, creature (= uomini), ma tanto spaventevoli e brutte, che le davano più terrore che non gli stessi demoni. La Santa li vede precipitare, dannati per sempre, in quell'abisso come una pioggia.

L'inferno, secondo la Santa, lo si merita soprattutto per il peccato di ingratitudine. Le anime cioè, pur essendo nell'abbondanza di tanti beni, quasi mai sanno riconoscere la provenienza e quasi mai si ricordano di Colui che tutto ha fatto e ha donato.

c) Anche all'inferno c'è un ordine: chi ha peccato di più e più gravemente responsabile, soffre più spaventosamente degli altri che hanno peccato meno e con meno responsabilità.

Per S. Veronica esiste un inferno superiore, cioè l'inferno benigno, e un inferno massimo. Esistono perciò vari reparti, raffigurati forse in quelle montagne, l'una diversa dall'altra dalle quali i dannati si precipitano nell'abisso. Infatti la montagna si spalanca e nei suoi fianchi aperti la Santa vede una moltitudine di anime e demoni intrecciati con catene di fuoco. I demoni, estremamente furiosi, molestano le anime le quali urlano disperate. A questa montagna seguono altre montagne più orride, le cui viscere sono teatro di atroci e indescrivibili supplizi.

Precipitano giù, con la furia di densa grandine, le anime dei nuovi abitatori. "E a quest'arrivo, si rinnovano pene sopra pene ai dannati".

In un luogo ancora più profondo trova ammucchiate migliaia di anime (sono quelle degli assassini), sopra le quali incombe un torchio con una immensa ruota. La ruota gira e fa tremare tutto l'inferno. All'improvviso il torchio piomba su le anime, le riduce quasi a una sola; cosicché ciascuna partecipa alla pena dell'altra. Poi ritornano come prima.

Ci sono parecchie anime con un libro in mano. I demoni le battono con verghe di fuoco nella bocca, con mazze di ferro sul capo, e con spuntoni acuti trapassano loro le orecchie. Sono le anime di quei religiosi bastardi, che adattarono la regola a uso e consumo proprio.

Altre anime sono rinchiuse in sacchetti e infilzate dai diavoli nella bocca d'un orrendo dragone che in eterno le digruma. Sono le anime degli avari. Altre gorgogliano tuffate in un lago d'immondizie. Di tratto in tratto sgusciano fulmini. Le anime restano incenerite, ma dopo riacquistano lo stato primiero. "I peccati che hanno commesso sono i più gravi che mai vivente può immaginare".

d) Nel fondo dell'abisso ci sono i gerarchi dell'inferno. Qui, infatti, la Santa vede un trono mostruoso, fatto di demoni terrificanti. Al centro una sedia formata dai capi dell'abisso. La Santa nota che il muto cuscino della sedia erano Giuda ed altre anime disperate come lui. Alla domanda agli angeli di chi fossero quelle anime, ella riceve questa terribile risposta: "Essi furono dignitari della Chiesa e prelati religiosi". Satana ci sedeva sopra nel suo indescrivibile orrore e da lì osservava tutti i dannati.

e) La visione di Satana forma il tormento dell'inferno, come la visione di Dio forma la delizia del Paradiso. Qui i beati sono felici nella visione di Dio che è la fonte e la radice di tutti i loro beni; nell'inferno i dannati, oltre ad essere tormentati incredibilmente dai demoni che dispensano pene e sofferenze inaudite nel loro odio, è la visione di Satana soprattutto, il loro massimo nemico e artefice in parte della loro dannazione, che li fa soffrire indicibilmente.

f) Nell'inferno vi è pure la pena dei sensi: la Santa parla di fiamme e fuoco, di stridi e rumori, di fetore e fumo orrendo. Pene da non potersi paragonare a nessuna pena della terra.

Grande mistero l'inferno e terribile realtà. "Molti come disse la Madonna a Sr. Veronica non credono che vi sia l'inferno, ed io ti dico che tu medesima che ci sei stata non hai compreso niente cosa sia".

Quadro donna dannata e Sant'Alfonso

Sant'Alfonso ed il quadro dell'anima dannata
Il quadro si trova tuttora a Napoli, presso la Casa della Missione, via Vergini, 51

Nella storia furono tanti i Santi che, per timore dell'inferno, ritrovarono la via del bene e della salvezza, in effetti, anche il parlare di inferno è misericordia di Dio.

Un cavaliere, appartenente ad una delle più note famiglie di Firenze, aveva una relazione extraconiugale con una nobildonna della stessa città. Il padre, venuto a conoscenza della cosa, ripetutamente, ma invano, esortava il figlio a cambiar vita. Dopo qualche tempo, però, nel 1712, la donna si ammalò e, in breve, morì, senza pentirsi del male fatto. L’amante rimase costernato per quella morte e non riusciva a rassegnarsi. Il padre, essendo in buoni rapporti con i Preti della Missione di S. Vincenzo dei Paoli, gli consigliò di partecipare ad un corso di esercizi spirituali per i laici che i suddetti padri tenevano nella loro casa religiosa di S. Jacopo sull’Arno. Il giovane, per accontentare il pio genitore, accettò il consiglio e si recò per qualche giorno in quel luogo sacro, dove tutto invitava alla preghiera e alla meditazione. Le stanze usate dai preti della Missione come pure quelle occupate da coloro che partecipavano agli esercizi oltre al letto, un armadietto e uno scrittoio avevano anche un inginocchiatoio ...

...   in legno  e un quadro del Crocifisso attaccato alla parete. Le immagini di Gesù Crocifisso erano di carta, incollata su tela, montata su un telaio di legno. Non erano, quindi, munite né di vetro né di cornice.

La sera del primo giorno, tutti i partecipanti erano scesi in refettorio per la cena. Era assente solo quel signore. Il Direttore degli Esercizi, preoccupato, salì al piano di sopra, bussò alla porta della sua camera, ma nessuno rispondeva. Pensando che fosse successo qualcosa di grave, aprì la porta e vide la stanza piena di denso fumo. Credendo che fosse un inizio di incendio, chiamò aiuto.

Accorsero diverse persone. Diradandosi, frattanto, il fumo, notò che il cavaliere giaceva riverso a terra, privo di sensi. Fu subito adagiato sul letto, poco dopo rinvenne. Intanto il Direttore ispezionava attentamente la stanza per rendersi conto da dove proveniva il fumo. Grande, però, fu la sua sorpresa, quando vide l’inginocchiatoio bruciato nel posto in cui si appoggiano le ginocchia e i gomiti. Alzando, poi, gli occhi scorse sul quadro del Crocifisso appeso alla parete, l’impronta di due mani roventi.

Queste avevano bruciato, nella parte inferiore del quadro raffigurante Gesù Crocifisso, non solo la tela sulla quale era incollata l’immagine ma anche il telaio di legno che fungeva da supporto. Non sapendosi dare spiegazioni chiesero al cavaliere che cosa era accaduto. Questi raccontò che poco prima della cena, tra le fiamme gli era apparsa l’amante, dicendogli, in tono irritato: “E’ per causa tua che io sono nell’Inferno! Sta bene in guardia. Dio ha voluto che io te ne dessi l’avviso, e perché tu non abbia a dubitare della realtà della mia apparizione te ne lascio il segno”. Ciò detto, s’inginocchiò al genuflesso rio e toccò con le mani il quadro, lasciandovi le impronte di fuoco che ora si vedono.

Fortemente scosso da questa apparizione e meditando sulla triste sorte della sua amante, l’uomo si convertì, vivendo santamente per il resto della sua vita. Poiché le famiglie dei due protagonisti erano bene in vista a Firenze, P. Giuseppe Scaramelli, superiore dei Preti della Missione di Casa S. Jacopo, per riguardo al loro onore, cercò di occultare il fatto. Per questo motivo tenne presso di sé il quadro e l’inginocchiatoio.

Quando, dopo poco tempo, dai superiori fu trasferito a Napoli, portò con sé il quadro. P. Bernardo Giuseppe Scaramelli , il 4 novembre del 1712, redasse una testimonianza del fatto prodigioso, di cui era stato testimone oculare. Tale dichiarazione è munita del sigillo della Congregazione. “Noi, Giuseppe Scaramelli, superiore della Missione, affermiamo ed attestiamo di mano propria il soprascritto fatto come cosa sicura”.

E cioè “…in questa immagine si vedono due segni di mani intere con cinque dita per mano, una alla destra, e l’altra alla sinistra dei santissimi piedi del Salvatore, impressivi in modo stupendo da Persona venuta dall’altro mondo, visibilmente a fuoco vivo, con applicare la proprie ardenti mani alla medesima immagine, e così aver affondata la carta e la tela, e bruciato anche la parte del telaio da ambedue le parti, con l’impressione dei due polsi delle stesse mani, e dita aperte, con i segni evidentissimi del fuoco appiccicato alla tela, che ha toccato parimenti alla destra ed alla sinistra l’una e l’altra gamba del Salvatore…”.

Nell’antica Casa dei Preti della Missione di S. Jacopo sull’Arno, a Firenze, ora adibita a scuola, si addita ancora la camera detta del “dannato”. La Casa fu espropriata dal Governo Italiano nel 1886 e fino a quel tempo la stanza “dell’Anima dannata” era disabitata ed incuteva paura per quelli che, conoscendo il fatto, la visitavano. Il quadro di Gesù Crocifisso si trova tuttora a Napoli, presso la Casa della Missione, via Vergini, 51. La famiglia reale di Napoli ogni anno si recava ai Vergini, perché i giovani principi alla vista di quel quadro imparassero a temere i castighi di Dio e ad evitare il male.

Il 26 marzo del 1722 entrò nella Casa dei vergini a Napoli il giovane avvocato Alfonso de’Liguori col suo amico Francesco Capocelatro e molti altri giovani per partecipare ad un corso di Esercizi Spirituali tenuti dal P. D. Vincenzo Cutica. Dopo la predica sull’Inferno, tema consueto in un corso di esercizi spirituali, il predicatore mostrò ai partecipanti il quadro di Gesù Crocifisso con l’impronta delle mani roventi dell’anima dannata. Alfonso, che già da qualche tempo viveva una profonda crisi spirituale, fu talmente scosso a quella vista che decise in cuor suo di cambiare vita e dedicarsi completamente al servizio di Dio.

A trent’anni divenne sacerdote. A trentasei anni fondò la Congregazione del SS Redentore. A 60 anni fu eletto vescovo di S. Agata dei Goti (Benevento). Scrisse molti libri di morale e di ascetica.

Morì il 1787 all’età di 91 anni e fu canonizzato nel 1832.

Visione Inferno e Lutero di Suor Maria Serafina Micheli

Suor Maria Serafina Micheli
(ciclo "L'inferno nel Magistero dei Santi del secolo scorso")


Beatificata il 28 maggio 2011.
Nel 1883 si trovava a passare per Eisleben, nella Sassonia, città natale di Lutero in occasione del centenario della sua nascita. Trovando una Chiesa chiusa, si mise a pregare sugli scalini, ma un angelo la avvisò dicendo che era un tempio luterano protestante e le fece vedere Lutero all’inferno nei suoi patimenti. Così racconta l’episodio: mentre pregava le comparve l’angelo custode, che le disse: «Alzati, perché questo è un tempio protestante».

Poi le soggiunse: «Ma io voglio farti vedere il luogo dove Martin Lutero è condannato e la pena che subisce in castigo del suo orgoglio».

Dopo queste parole vide un’orribile voragine di fuoco, in cui venivano crudelmente tormentate un incalcolabile numero di anime. Nel fondo di questa voragine v’era un uomo, Martin Lutero, che si distingueva dagli altri: era circondato da demoni che lo costringevano a stare in ginocchio e tutti, muniti di martelli, si sforzavano, ma invano, di conficcargli nella testa un grosso chiodo. La suora pensava: se il popolo in festa vedesse questa scena drammatica, certamente non tributerebbe onori, ricordi, commemorazioni e festeggiamenti per un tale personaggio. In seguito, quando le si presentava l’occasione, ricordava alle sue consorelle di vivere nell’umiltà e nel nascondimento. Era convinta che Martin Lutero fosse punito nell’Inferno soprattutto per il primo peccato capitale, la superbia.

Attenzione, con ciò non vogliamo certo ergerci a giudici di Lutero: non sapremo mai se Lutero è davvero all’inferno. La pedagogia di Dio va ben oltre quel senso di curiosità che spesso ci anima, non è questo il messaggio che Dio vuole darci attraverso i suoi santi.

Diciamo spesso col salmista: «Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze» (Sal. 130). Offriamo a Dio il nostro “nulla”: le incapacità, le difficoltà, gli scoraggiamenti, le delusioni, le incomprensioni, le tentazioni, le cadute e le amarezze di ogni giorno. Vogliamo piuttosto riconosciamoci peccatori, bisognosi della sua misericordia. Gesù, proprio perché siamo peccatori, ci chiede solo di aprire il nostro cuore e di lasciarci amare da Lui. E’ questa l’esperienza di San paolo: “La mia potenza, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza. Mi vanterò, quindi, ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo” (2 Cor. 12,9). Non ostacoliamo l’amore di Dio nei nostri riguardi col peccato o con l’indifferenza. Diamogli sempre più spazio nella nostra vita per vivere in piena comunione con Lui nel tempo e nell’eternità.

Visione Inferno Suor Maria Josefa Mendez

Suor Maria Josefa Menendez
(ciclo "L'inferno nel Magistero dei Santi del secolo scorso")


Religiosa del Sacro Cuore, nacque a Madrid il 4 febbraio 1890 e morì il 29 dicembre 1923. Suor Maria Josefa Menendez fece varie visite all'inferno. Ecco quanto vede e narra in una di queste: «In un istante mi trovai nell'inferno, ma senza esservi trascinata come le altre volte, e proprio come vi devono cadere i dannati. L'anima vi si precipita da sè stessa, vi si getta come se desiderasse sparire dalla vista di Dio, per poterlo odiare e maledire. L'anima mia si lasciò cadere in un abisso, in cui non si poteva vedere il fondo, perché immenso [...]. Ho visto l'inferno come sempre: antri e fuoco. Benché non si vedono forme corporali, i tormenti straziano i dannati come se i corpi fossero presenti e le anime si riconoscono. Fui spinta in una nicchia di fuoco e schiacciata come tra piastre scottanti e come se dei ferri e delle punte aguzze arroventate s'infiggessero nel mio corpo. Ho sentito come se si volesse, senza riuscirvi, strapparmi la lingua, cosa che mi riduceva agli estremi, con un atroce dolore. Gli occhi mi sembrava che uscissero dall'orbita, credo a causa del fuoco che li bruciava orrendamente. Non si può né muovere un dito per cercare sollievo, né cambiare posizione; il corpo è come compresso. Le orecchie sono stordite dalle grida confuse, che non cessano un solo istante. Un odore nauseabondo e ripugnante asfissia ed invade tutti, come se si bruciasse carne in putrefazione con pece e zolfo. Tutto questo l'ho provato come le altre volte e, sebbene questi tormenti siano terribili, sarebbero un nulla se l'anima non soffrisse. Ma essa soffre in un modo indicibile. Ho visto alcune di queste anime dannate ruggire per l'eterno supplizio che sanno dover sostenere, specialmente alle mani. Penso che abbiano rubato, poiché dicevano: "Dov'è ora quello che hai preso? Maledette mani"! Altre anime accusavano la propria lingua, gli occhi... Ciascuna ciò che è stato causa del suo peccato: "Ben pagate sono adesso le delizie che ti concedevi, o mio corpo! [...] "E sei tu, o corpo, che l'hai voluto"! [...].

Per un istante di piacere un'eternità di dolore! Mi pare che nell'inferno le anime si accusino specialmente di peccati d'impurità. Mentre ero in quell'abisso, ho visto precipitare dei mondani e non si può dire né comprendere le grida che emettevano e i ruggiti spaventosi che mandavano: "Maledizione eterna! Mi sono ingannata! Mi sono perduta! Sono qui per sempre, per sempre e non c'è più rimedio!... Maledizione a me"! Una fanciulla urlava disperatamente, imprecando contro le cattive soddisfazioni concesse al corpo e maledicendo i genitori, che le avevano data troppa libertà a seguire la moda e i divertimenti mondani. Da tre mesi era dannata. Tutto questo che ho scritto - conclude la Menendez - non è che un'ombra in paragone a ciò che si soffre nell'inferno».

Visione inferno Suor Lucia di Fatima

suor Lucia di Fatima
(ciclo "L'inferno nel Magistero dei Santi del secolo scorso")


E' una delle destinatarie di una delle più importanti rivelazioni private del XX secolo, avvenuta a Fatima (Portogallo). Nel 1917 era uno dei tre bambini che affermavano di aver sperimentato numerose visioni della Beata Vergine Maria. Dichiarava che Maria le aveva mostrato una visione dell'inferno che in seguito descrisse nelle sue Memorie:
“[Maria] Essa ancora una volta aprì le Sue mani, come aveva fatto i due mesi precedenti. I raggi [di luce] apparvero per penetrare la terra e noi vedemmo come un vasto mare di fuoco e vedemmo i demoni e le anime [dei dannati] immersi in esso”.

“Vi erano poi come tizzoni ardenti trasparenti, tutti anneriti e bruciati, con forma umana. Essi fluttuavano in questo grande conflagrazione, ora lanciati in aria dalle fiamme e poi risucchiati di nuovo, insieme a grandi nuvole di fumo. Talvolta ricadevano su ogni lato come scintille su fuochi enormi, senza peso o equilibrio, fra grida e lamenti di dolore e disperazione, che ci terrorizzavano e ci facevano tremare di paura (deve essere stata questa visione a farmi piangere, come dice la gente che mi udì)”.

“I demoni si distinguevano [dalle anime dei dannati] per il loro aspetto terrificante e repellente simile a quello di animali orrendi e sconosciuti, neri e trasparenti come tizzoni ardenti. Questa visione è durata solamente un attimo, grazie alla nostra buona Madre Celeste, che nella sua prima apparizione aveva promesso di portarci in Paradiso. Senza questa promessa, credo che saremmo morti di terrore e spavento”.

Visione inferno Santa Faustina Kowalska

Santa Maria Faustina Kowalska
(ciclo "L'inferno nel Magistero dei Santi del secolo scorso")


Nota come Santa Faustina, era una suora polacca che affermava di aver avuto una serie di visioni che includevano Gesù, l'Eucaristia, gli angeli e vari santi. È dalle sue visioni, registrate nel suo Diario, che la Chiesa ha ricevuto l'ormai popolare devozione alla coroncina della Divina Misericordia. In un brano della fine di ottobre del 1936, ella descrive una visione dell'inferno:

“Oggi, sotto la guida di un angelo, sono stata negli abissi dell'Inferno. È un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Queste le varie pene che ho viste: la prima pena, quella che costituisce l'inferno, è la perdita di Dio; la seconda, i continui rimorsi della coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte non cambierà mai; la quarta pena è il fuoco che penetra l'anima, ma non l'annienta; è una pena terribile: è un fuoco puramente spirituale, acceso dall'ira di Dio; la quinta pena è l'oscurità continua, un orribile soffocante fetore, e benché sia buio i demoni e le anime dannate si vedono fra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio; la sesta pena è la compagnia continua di satana; la settima pena è la tremenda disperazione, l'odio di Dio, le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie”.

“Queste sono pene che tutti i dannati soffrono insieme, ma questa non è la fine dei tormenti. Ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda ed indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall'altro. Sarei morta alla vista di quelle orribili torture, se non mi avesse sostenuta l'onnipotenza di Dio. Il peccatore sappia che col senso col quale pecca verrà torturato per tutta l'eternità. Scrivo questo per ordine di Dio, affinché nessun'anima si giustifichi dicendo che l'inferno non c'è, oppure che nessuno c'è mai stato e nessuno sa come sia”.

“Io, Suor Faustina, per ordine di Dio sono stata negli abissi dell'inferno, allo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare che l'inferno c'è. Ora non posso parlare di questo. Ho l'ordine da Dio di lasciarlo per iscritto. I demoni hanno dimostrato un grande odio contro di me, ma per ordine di Dio hanno dovuto ubbidirmi. Quello che ho scritto è una debole ombra delle cose che ho visto. Una cosa ho notato e cioè che la maggior parte delle anime che ci sono, sono anime che non credevano che ci fosse l'inferno. Quando ritornai in me, non riuscivo a riprendermi per lo spavento, al pensiero che delle anime là soffrono così tremendamente, per questo prego con maggior fervore per la conversione dei peccatori, ed invoco incessantemente la misericordia di Dio per loro. Gesù mio, preferirei agonizzare fino al termine del mondo, fra le peggiori sofferenze, piuttosto che offenderti con il minimo peccato” (Diario di Santa Faustina, 741).

giovedì 16 giugno 2016

Visione inferno a Conchita

Venerabile Concepciòn Cabrera de Armida 
(ciclo "L'inferno nel Magistero dei Santi del secolo scorso")

La Venerabile Concepciòn Cabrera de Armida, nacque a San Luis Potosì, Messico (1862) e morì a Città del Messico (1937). Moglie di Francisco Armida (1884-1901) con lui ebbe nove figli. Fu modello di sposa e di madre, conosciuta familiarmente come “Conchita”. Durante gli Esercizi Spirituali del 1889, ricevette una forte ispirazione che per tutta la vita lasciò in lei una impronta indelebile. “la tua missione è di salvare anime”. Fondò le “Opere del S. Cuore di Gesù” (1897). “L’Alleanza d’Amore con il S. Cuore di Gesù” (1909). “La Fraternità Sacerdotale” (1912). Nel 1914 cooperò con il Venerabile P. Félix de Jesùs Rouger alla fondazione dei Missionari dello Spirito Santo. Fra quelli che l’aiutarono con i loro consigli spirituali, bisogna ricordare il Servo di Dio P. Antonio Plancrte y Labastida (che guidò i suoi primi Esercizi Spirituali), il P. Alberto Cuzcò y Mir , SJ, il Venerabile P. Félix Rouger, il Venerabile Mons. Ramòn Ibarra y Gonzàlez e il Servo di Dio, Mons. Luis M. Martìnez. Tra gli innumerevoli ...

...  studi sulla sua vita e i suoi scritti bisogna fare risaltare quelli di due grandi scrittori teologi: P. Michele M. Philipon, OP, e P. Juan Gutiérrez, MSpS. Sono 46 le sue opere pubblicate.

I suoi manoscritti sono raccolti in 158 volumi. Il suo Diario Spirituale, oppure “Cuenta de Conciencia”, abbraccia 40 anni della sua vita. I contenuti di questi scritti, pubblicati e non, riflettono sempre l’amore appassionato per Cristo e per farlo amare e conoscere. Nei suoi scritti emergono i temi seguenti: la vita trinitaria partecipata, l’esperienza cristiana di Dio, l’amore per Dio, la Croce, il Cuore di Gesù, la vita secondo lo Spirito Santo, l’Eucarestia, Maria, la Chiesa, il sacerdozio, la salvezza delle anime. Le sue esperienze girano intorno all’Incarnazione del verbo per opera dello Spirito Santo nel seno di Maria, accentuando gli sposalizi con Cristo fino a condividere con Lui i Suoi stessi amori (specialmente per le anime e per i sacerdoti). La vita spirituale come vita trinitaria, configurazione con Cristo e vita nello Spirito santo sono lo sviluppo dei doni ricevuti nel Battesimo. Le sue virtù eroiche furono riconosciute da S. Santità Giovanni Paolo II nel 1999). La grazia principale che distingue la sua vita si chiama “l’Incarnazione Mistica” e questa grazia le ha conferito una straordinaria conformazione a Cristo e una vera maternità spirituale. Ella ha lasciato sessantasei volumi di scritti per ordine dei suoi direttori spirituali con molti riferimenti all’inferno. Molto presto nella sua vita spirituale Conchita ha sentito il Signore dire: “Tu ostruirai l’ingresso all’inferno per molte anime e Tu sei la mia Croce, e la mia croce ostruirà l’inferno…Tu salverai molte anime figliola”.

Nell’anno 1894 ebbe poi un’esperienza infernale: “Ieri sera circa 4 ore sul suolo: le racconto cosa mi è accaduto. Durante questo tempo, in alcuni momenti ero semi addormentata, ma questo che sto dicendo, lo ricordo bene, e mi scuote l’anima dal terrore. Mi è venuto addosso l’inferno, Padre mio: sentii la carica spaventosa di molti demoni che mi assalirono dal lato destro e si scagliarono furiosamente contro di me, e come per vendetta, martirizzandomi. Io li conoscevo, e a malapena potevo afferrare il mio Crocifisso dicendogli: “aiutami Gesù, aiutami”. Mi svegliai terribilmente impressionata, quello che meno mi aspettavo erano visite. Oh che orribile dev’essere l’inferno ed essere in potere di questi crudeli nemici…! Tremo, tremo al solo considerarlo, e mi causa profonda pena, ricordare ciò che mi disse Gesù la domenica, cioè che migliaia di anime cadevano giornalmente in quel posto di tormenti”. Forse qui, l’espressione più notevole è l’ultima frase: “migliaia di anime cadevano giornalmente in quel posto di tormenti”. Più tardi avrebbe sentito il Signore fare un lamento sull’inattività dei suoi sacerdoti: “E i miei Ministri dormono, lasciando il campo dei miei raccolti a Satana! E’ indicibile e incomprensibile ciò che, su questa deplorevole materia, accade nel mondo in ogni momento e a tutte le ore. Io so come l’inferno si riempie di anime disgraziate che non hanno trovato, tra gli stessi cristiani, chi desse loro un buon consiglio che forse li avrebbe fermati sulla strada della perdizione”. Secondo quanto la venerabile Conchita trasmette, è compito di tutti i cristiani e in modo speciale dei sacerdoti il frenare le anime che sono “sulla strada della perdizione”.

La Venerabile ci riferisce anche altre parole sentite dalla bocca del Signore ,esse consentono anche una certa penetrazione sulla natura dell’inferno: “L’inferno è composto per la maggior parte di odio spaventoso contro di Me, e contro coloro che, in parte, furono la causa della disgrazia delle anime che vi trovano. Così come nel cielo regna l’amore, così nel profondo dell’inferno , regna questa maledetta passione dell’Odio nella maggior estensione e sviluppo. E’ l’Odio, dunque, passione infernale che porta l’uomo o lo trascina a quella fine infelice. Il cuore che odia non può essere amato, perché l’Odio ha in sé questa proprietà che il Demonio gli ha conferito; e poiché colui che non mi ama, mi aborrisce, dunque colui che odia mi detesta e la sua perdizione eterna è sicura. La passione dell’Odio è, sopra ogni valutazione spaventosa: e solo il suo nome, dovrebbe far tremar l’uomo. Disgraziata quell’anima che lo ha in sé; poiché è un segno di riprovazione quando non lo si cura radicalmente e proprio dalla radice. Il rinnegato, l’apostata, il settario e il peccatore lo portano in seno, disgraziati! Questo Odio infernale contro di Me. Il licenzioso, colui che ama soddisfare tutti i suoi sfrenati appetiti, il sensuale, mi odia, perché voglia o non voglia, ha la coscienza e la crudele certezza, che lo rode, che sta mancando alla ,legge divina e alla morale. Il cuore di satana nuota nell’odio contro di Me, nel quale vive eternamente, allontanando sempre di più da sé l’Amore, questo Amore divino che conosce, e che in lui stesso vorrebbe consumarsi; ma nella sua eterna riprovazione, si avvolge nell’odio: si dispera e tenta di vendicarsi, portando a perdizione l’uomo al quale trasmette le sue avvelenate passioni”. Si dovrebbe fare attenzione a questa formula: “E’ così come nel cielo regna l’amore, così nel profondo dell’inferno, regna, questa maledetta passione dell’Odio nella maggior estensione e sviluppo”.

Su questo argomento dell’essenza dell’inferno Conchita trasmette ancora ciò che sente dentro di sé: “’l’Odio verso di Me, che lotta in satana contro la sua convinzione del mio Potere e della mia Grandezza perché non può ignorare quanto Io sia degno di ogni amore e di ogni lode, perfino di lui stesso, causa il suo tormento maggiore […]. Satana non mi può amare, e questo è il suo martirio costane, e, siccome non mi amare, per ciò stesso mi odia, e cerca l’offuscamento della Superbia per togliere questa pena eterna… senza riuscirvi. Questo è il tormento essenziale dell’inferno che porta con sé l’Angelo ribelle. Satana conserva le sue qualità come spirito, e la sua intelligenza ha un’estensione che l’uomo non può raggiungere né misurare. Ha nelle sue mani mezzi sconosciuti all’intelligenza umana ed è tanto sottile, tanto vivo e tanto leggero, come l’uomo è molto lontano dall’immaginare. Satana pure provvede e tende i suoi lacci alle anime per farle cadere. Il futuro non lo conosce, ma lo intravede. Il Campo spirituale è il più amato da lui, perché è quello che a Me porta più gloria. La sua eterna vendetta contro di Me è sottrarmi l’amore e le lodi, giacché lui non può darmeli. Nel suo cuore nero lottano l’Odio e l’Amore, e poiché per quest’ultimo ha chiuso in sé ogni fonte, è roso dal tarlo della vendetta contro di Me, e tutto quello che doveva essere amore, lo riconcentra nell’Odio e nell’Avversione. Tutto il creato, tutto quanto dalle mani divine dell’Onnipotenza infinita è uscito, tende alla gratitudine, all’amore, alla lode verso il Creatore; e Satana, più di chiunque, altro, comprende e sperimenta in sé stesso questa necessità ineluttabile, ma poiché la lode, la gratitudine e l’amore gli sono preclusi , ringhia e si dispera, e trasmette questa pena a tutti mi danno gloria loro malgrado; perché l’essenza della loro disperazione sta verso di Me, per io quale furono cerati… Questo tormento è ciò che costituisce l’inferno nella sua essenza, a parte gli altri speciali, nei quali ora bruciano le anime, e poi le anime con i corpi, eternamente […]. E questo non è giustizia, perché in Dio non può esistere nemmeno l’ombra di essa. Questo tormento eterno è la gloria della Giustizia oltraggiata e il castigo della Superbia”. Così la lotta di satana nei confronti di ciò che riconosce del Signore “causa il suo tormento maggiore”, questa lotta dell’odio contro l’amore dovuto al Signore diviene infatti l’eredità dell’inferno. E’ questa, la frustrazione dell’inclinazione naturale tenendo verso il Signore che si trova in ogni creatura.

Tutto questo è riassunto in una parola che Conchita ha sentito dal Signore nel 1928: “L’amore, figlia, l’amore è tutto, racchiude tutto, abbraccia tutto, e unisce la terra al cielo. Anche nello stesso inferno, se ci fosse amore non sarebbe inferno; ma è proprio la carenza di amore che si converte in odio a formare l’inferno”.

Esperienza dell'inferno della Beata Dina Bélanger

Beata Dina Bélanger
(ciclo "L'inferno nel Magistero dei Santi del secolo scorso")


La beata Dina Bélanger conosciuta in religione come Mère Marie Sainte – Cécile de Rome, è stata beatificata il 20 marzo 1993, lo stesso giorno del riconoscimento del culto del beato Giovanni Duns Scoto. Nata nel Québec l’anno della morte di santa Teresa di Liesieux, la giovane Dina è diventata prima una brillante pianista, per poi farsi religiosa nella Congregazione di Gesù – Maria. Come la Santa di Liesieux, ha vissuto una vita breve ma intensa, arrivando alle vette dell’unione con il Signore. Nella sua autobiografia, scrisse sotto obbedienza, ci dice che aveva un’esperienza sconvolgente del demonio e dell’inferno: “Un giorno – avevo circo quattro anni – fui fortemente impressionata: era durante una novena a san Francesco Saverio e il predicatore parlò dell’inferno. La notte successiva vidi in sogno dei demoni spaventosi, rossi come il fuoco, che salivano e scendevano in gran fretta da un lungo treno. Erano sempre in movimento e molto agitati. E’ impossibile descrivere ...

...  la paura provata. Oggi, dopo ventitré anni, quell’immagine è ancora viva, come se l’avessi sognata la notte scorsa. Ne soffri fisicamente durante diversi anni: non potevo stare sola nemmeno per qualche secondo e di sera avevo molto paura, perché rivedevo tutti i demoni terrificanti del mio sogno. Com’erano brutti, cattivi, ripugnanti! Vorrei inventare l’epiteto più sprezzante per qualificarli. Considero questo sogno come una grande grazia; inoltre una tale orribile paura del demonio m’ispirò un odio simile per il peccato, che è una suggestione diabolica. La mamma, vedendomi così impressionata , non partecipò più alle altre pratiche della novena”.


Certo, uno psicologo potrebbe spiegare quest’esperienza come alimentata da  molti altri fattori che non hanno a che fare con la vita spirituale, ma alla luce di tutta la vita della Beata, mi pare che questa sia stata una preparazione per la lotta con il nemico da venire (anche nella vita di Padre Pio si hanno analoghe esperienza da bambino).

Ovviamente , anni dopo, ella si sentì costretta ad inserire quest’episodio nella sua autobiografia e adesso possiamo vedere più chiaramente il perché.

Ecco il racconto di un incontro con il Signore del 7 aprile 1927: “ Dal 20 marzo a la malattia mi costringe a letto. Stamattina prima della comunione, il Signore m’ha presentato il soggetto delle mie considerazioni per questi due giorni, e cioè “il dolore inflitto al suo Cuore agonizzante dell’inutilità delle sue sofferenze per un numero così grande di anime”.

Al momento della comunione m’ha donato il suo calice benedetto. Durante il ringraziamento m’ha fatto vedere, in spirito, coloro che, a milioni e milioni, correvano verso l’eterna perdizione, seguendo Satana. E lui il Salvatore, circondato da un piccolo numero di anime fedeli, stava soffrendo, ma invano, per tutti quei peccatori.

Il suo Cuore li vedeva cadere, a migliaia, nell’inferno. A tale vista gli ho detto: “Gesù mio, da parte tua la redenzione fu completa; ma allora che cosa può mancare, dal momento che tante anime si perdono?”.


Mi ha risposto: “La ragione è che le anime pie non s’associano abbastanza alle mie sofferenze”.


Questo passo è molto interessante perché può farci capire meglio la sofferenza di Gesù nella sua angoscia e Passione.

Il giorno dopo, venerdì l’8 aprile 1927, Dina scrive: “Il Signore continua a farmi vedere in spirito l’enorme numero di coloro che, durante la sua agonia, vedeva precipitare all’inferno. E lui sta là, pregando e soffrendo, circondato soltanto da un piccolo numero d’anime. Che spettacolo straziante!”

Se è vero che il punto principale di quest’esperienza era di sollecitare la consolazione e riparazione al Cuore di Gesù da parte di Dina, non si può neanche negare che ci dà un’ulteriore visione della sofferenza di Gesù nella sua passione a causa “dell’inutilità delle sue sofferenze per un numero così grande di anime”.

Il 6 maggio, primo venerdì, lo stesso anno, Dina ha sentito queste parole dallo Sposo celeste: “Mia piccola sposa, se vedi cadere tante anime nell’inferno, è senza dubbio perché lo vogliono loro, ma è anche perché le anime consacrate abusano delle mie grazie. Per mezzo della mia Santissima Madre e del mio Cuore divino, prega e supplica il mio Padre celeste di salvare e di santificare tutte le anime. Pregalo e supplicalo di santificare tutte le anime consacrate. Il mio Cuore ama infinitamente ogni anima. Durante la mia vita terrena io non potevo fare di più per la salvezza e la santificazione delle anime, e da allora voglio continuare la redenzione per mezzo della mia vita nelle anime. Prega e supplica il mio divin Padre. Supplicare vuol dire pregare con insistenza, pregare senza stancarsi, pregare con la sicurezza d’esser esauditi. Prega e supplica”.

Ciò che colpisce qui è questa dichiarazione che “se vedi cadere tante anime nell’inferno, è senza dubbio perché lo vogliono loro,  ma è anche perché le anime consacrate abusano delle  mie grazie!”.

Il Signore ci fa capire che, mentre le anime cadono nell’inferno per la loro propria volontà, insiste anche un altro fattore: se le anime consacrate non avessero abusato, delle grazie del Signore, meno sarebbe cadute nell’inferno. Questa è una dichiarazione veramente agghiacciante, molto simile a quanto indicato dalla Madonna a Fatima dieci anni prima.