venerdì 17 giugno 2016

Visione Inferno e Lutero di Suor Maria Serafina Micheli

Suor Maria Serafina Micheli
(ciclo "L'inferno nel Magistero dei Santi del secolo scorso")


Beatificata il 28 maggio 2011.
Nel 1883 si trovava a passare per Eisleben, nella Sassonia, città natale di Lutero in occasione del centenario della sua nascita. Trovando una Chiesa chiusa, si mise a pregare sugli scalini, ma un angelo la avvisò dicendo che era un tempio luterano protestante e le fece vedere Lutero all’inferno nei suoi patimenti. Così racconta l’episodio: mentre pregava le comparve l’angelo custode, che le disse: «Alzati, perché questo è un tempio protestante».

Poi le soggiunse: «Ma io voglio farti vedere il luogo dove Martin Lutero è condannato e la pena che subisce in castigo del suo orgoglio».

Dopo queste parole vide un’orribile voragine di fuoco, in cui venivano crudelmente tormentate un incalcolabile numero di anime. Nel fondo di questa voragine v’era un uomo, Martin Lutero, che si distingueva dagli altri: era circondato da demoni che lo costringevano a stare in ginocchio e tutti, muniti di martelli, si sforzavano, ma invano, di conficcargli nella testa un grosso chiodo. La suora pensava: se il popolo in festa vedesse questa scena drammatica, certamente non tributerebbe onori, ricordi, commemorazioni e festeggiamenti per un tale personaggio. In seguito, quando le si presentava l’occasione, ricordava alle sue consorelle di vivere nell’umiltà e nel nascondimento. Era convinta che Martin Lutero fosse punito nell’Inferno soprattutto per il primo peccato capitale, la superbia.

Attenzione, con ciò non vogliamo certo ergerci a giudici di Lutero: non sapremo mai se Lutero è davvero all’inferno. La pedagogia di Dio va ben oltre quel senso di curiosità che spesso ci anima, non è questo il messaggio che Dio vuole darci attraverso i suoi santi.

Diciamo spesso col salmista: «Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze» (Sal. 130). Offriamo a Dio il nostro “nulla”: le incapacità, le difficoltà, gli scoraggiamenti, le delusioni, le incomprensioni, le tentazioni, le cadute e le amarezze di ogni giorno. Vogliamo piuttosto riconosciamoci peccatori, bisognosi della sua misericordia. Gesù, proprio perché siamo peccatori, ci chiede solo di aprire il nostro cuore e di lasciarci amare da Lui. E’ questa l’esperienza di San paolo: “La mia potenza, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza. Mi vanterò, quindi, ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo” (2 Cor. 12,9). Non ostacoliamo l’amore di Dio nei nostri riguardi col peccato o con l’indifferenza. Diamogli sempre più spazio nella nostra vita per vivere in piena comunione con Lui nel tempo e nell’eternità.

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